domenica 23 dicembre 2007

Le jeune homme vert - nascita di un uomo

Ce ne fossero, di libri così...
Libri che sanno emozionare dall'inizio alla fine, ma questo è riduttivo. Ci troviamo qui di fronte alla commovente e complessa vicenda di come si forgia un uomo, dall'infanzia all'età adulta.
1000 pagine di squisita letteratura che si fanno bere come una limonata fresca nel caldo estivo. Insomma, sollievo ed estasi. E subito dopo però, la voglia, se non la necessità, di averne ancora.
Ma andiamo con ordine, sto parlando di due libri: Le jeune homme vert & Les ving ans du jeune homme vert di Michel Deon.
Tali meravigliosi volumi sono, ahimé, frutto dei miei viaggi in Francia; dubito siano reperibili in Italia, ma vi consiglio di imparare il francese e farveli prestare dalla sottoscritta. Davvero, ne vale la pena.
Abbiamo qui tracciata la formazione di Jean Arnaud, personaggio che seguiamo dalla misteriosa nascita fino al raggiungimento dell'età adulta. L'intreccio è ricco, i personaggi indimenticabili, i dialoghi brillanti. Il quadro è quello della Francia dopo la prima guerra mondiale fino al termine della seconda. Un'epoca in cui il nostro eroe si fa gradualmente strada imparando il gusto per i viaggi, per la conoscenza, incontrando prima il sesso e poi l'amore, la tenerezza e l'affetto, ma anche la cattiveria e la disillusione. Impossibile non immedesimarsi ed appassionarsi, tanto più che lo stile di Michel Déon è semplice ma non banale, capace di comunicare con efficacia la sorprendente evoluzione di Jean.
Sorprendente come lo è quella di ogni essere umano dotato di intelligenza e voglia di scoprire cose nuove, di vivere intensamente, con tutto ciò che questo comporta.
L'innocente campagnolo, adottato da persone semplici e oneste, imparerà a muoversi nel mondo e scoprirà l'enigma della sua nascita. Fra principi misteriosi e amori folgoranti, rivelazioni e colpi di scena, ma anche ferite e scoperte, le pagine scorrono insieme agli anni. Il primo volume termina all'esplodere della Seconda Guerra Mondiale, nel corso del quale è ambientato il secondo. Le considerazioni sui diversi popoli europei e sul conflitto (visto dall'angolazione del personaggio, senza abbandonarsi a teorizzazioni politiche o a ideologie di ampio respiro), il quadro della realtà rurale e poi della Parigi sotto occupazione, passando per Londra, l'Italia e la Costa Azzurra, sono assolutamente straordinari. Così come le caratterizzazioni dei personaggi, da quello principale alle figure collaterali, che guadagnano spessore pagina dopo pagina.
Non mi rimane altro da dire se non reiterare il mio consiglio: leggetelo. Come ogni libro che si rispetti, vi colmerà il cuore e l'animo.

mercoledì 28 novembre 2007

L'assassino & i giorni contati

Premettiamo che di critica cinematografica ne so ben poco. Mi perdoneranno quindi le persone più competenti, ma il cinema come la letteratura esiste anche per trasmettere idee, ed è per questo che me ne occupo qui.
A questo proposito, mi sembra che i film che si occupano di qui ed ora - quotidianità, arrivare da mattina a sera, affrontare avversità, in una commistione di attimi dolci ed amari, proprio come dolce ed amara è la vita - siano diventati sempre meno. Spesso si parla di sentimenti ( e ancor più spesso lo si fa in maniera superficiale o escludendo tutti gli altri orizzonti dei personaggi, che sembrano così condurre vita da sfaccendate anime in pena) oppure si sfocia nell'eccezionalità: di una vita, di un momento storico, di un episodio. Non sto dicendo che questi non siano validi ambiti di esplorazione cinematografica, anche se in alcuni casi sarebbe stato meglio risparmiarsi lo sforzo; semplicemente, sento la mancanza di quel realismo anni '60 e '70 che per fortuna mi posso gustare grazie a DVD oppure a rassegne cinematografiche.
Ed eccoci all'oggetto di questo post, ovvero i due primi film di Elio Petri. Film italiani di cui essere orgogliosi, una volta tanto. Bella l'idea, ottimi gli attori, realistici i dialoghi, azzeccate le inquadrature. In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad un personaggio principale la cui vita cambia improvvisamente. Ma se nell'Assassino si esplorano i quotidiani compromessi, le omissioni, l'ordinaria corruzione di un borghese pavido, nei Giorni Contati è il senso stesso della vita ad essere messo in discussione. Mi soffermerò maggiormente su quest'ultimo film, visto che ho avuto il piacere di gustarlo ieri sera.
Cesare, uno stagnino di mezza età, sta recandosi come ogni giorno a lavoro, quando sull'autobus un uomo della sua età muore d'infarto. Un banale incidente? No, l'inizio di una spirale di dubbi. Com'è possibile continuare a lavorare quando ci si rende conto di avere, potenzialmente, i giorni contati? Questa nuova consapevolezza porta il protagonista a cercare di godersi la vita come può, in compagnia di alcuni fidati amici che cercano di comprenderne lo strano stato d'animo. Eppure, dov'è il sollievo? Non nel fantasma di un antico amore, che sembra tornare solo per sfuggire nuovamente. Non nell'episodico incontro di persone nuove, né nell'ozio, né nell'alcol, né tantomeno nella fallimentare esperienza dell'amore a pagamento. Nel frattempo, i soldi vanno scemando, gli sguardi nei suoi confronti si fanno sospettosi: per quanto ancora durerà quella follia? Nessuno ha intenzione di mantenere uno sfaccendato, e Cesare stesso si rende conto che, qualsiasi cosa andasse cercando, è forse troppo tardi per ritrovarla. Tanto vale tornare a lavorare...e rendersi conto una volta per tutte, che i giorni erano davvero contati...
Terribili le scene della città, periferie di oscena bruttezza, confusione destrutturata, eppure neppure la campagna è idealizzata, spopolata e triste e senza più anima. Lo smarrimento della modernità non è certo iniziato ieri, le radici vanno oltre, e già negli anni '60, a ben guardare, l'assurdità della frenesia contemporanea era pienamente percepibile. E da allora, cosa abbiamo creato, quale illusione riesce a farci muovere pur nella consapevolezza di avere i giorni contati?

lunedì 26 novembre 2007

Apriamo gli orizzonti!

E' con enorme piacere che ho visto comparire sulle pagine di questo "mio" blog il primo post di Giada! Come saprete, ognuno può scegliere di far collaborare persone fidate al proprio spazio, e direi che in questo caso non poteva esserci scelta migliore. Anche perché la malefica insubordinazione di questa collaboratrice, che scrive di film quando dovrebbe parlare di libri, ha in realtà aperto le porte a un nuovo orizzonte emozionale e descrittivo che d'ora in poi sarà bene accolto sulle pagine di questo blog. Ebbene sì, il viaggio non è più solo fra le pagine della carta stampata, ma anche fra opere teatrali e cinematografiche, che riescono a colpirci non solo con parole, ma anche con suoni ed immagini. Quindi, buon proseguimento! Presto vi scriverò anche io di qualche movie e qualche pezzo teatrale che ho avuto occasione di vedere...anche perché purtroppo, in un mondo che corre veloce, i tempi ristretti rendono più facile essere spettatore che lettore...ma nessuno potrà mai toglierci il piacere di scrivere e di esprimerci!

lunedì 12 novembre 2007

INTO THE WILD - Sean Penn

Quando mi é stato chiesto di contribuire a questo viaggio tra le parole ho pensato fosse una magnifica occasione.
E ho iniziato scegliendo un buon libro di cui valesse la pena parlare e ho iniziato a leggerlo. Ma i ritmi di vita frenetica e governata dal lavoro e dalle circostanze mi rendevano la lettura impossibile, o forse io non riuscivo a farmi piacere quel libro in quel momento.
E da lí é stata una strage di libri iniziati e mai continuati, una decina, alla ricerca di quel libro di cui valesse la pena parlare. Solo che non l’ho ancora trovato. In realtá non perché non esistano libri interessanti, ma perché io stessa non riesco piú a leggere.
Peró la voglia di esprimermi su queste pagine d’interfaccia virtuale era grande e mi tormentava, e mi tormenta tuttora. E allora ho pensato di cambiare direzione.
Se la strada che percorriamo é dura e sembra infinita, non significa non esistano alternative: al primo incrocio ho svoltato a desta e poi a sinistra.
Il film di cui voglio parlare é una perla brillante in un mare di spazzatura chiamato Cinema americano (USA).
Non so se é giá uscito in Italia, ma é appena sbarcato in nord Europa da un continente a me ancora sconosciuto chiamato America.
Into the Wild é un film americano, che racconta la storia vera di un giovane sognatore americano, che potrebbe benissimo essere quella parte sognatrice che tutti abbiamo dentro, chi piú chi meno (quasi tutti ne hanno meno, sennó non si spiegherebbe l’esistere di questo sognatore).
Christopher MacCandless é un po’ il nostro alter-ego ventenne che non ha smesso d’inseguire quelle utopie adolescenziali di quando, intossicati dalla letteratura e dalla passione, combattiamo contro una societá che non ci convince e non ci appaga.
E la voglia di sfuggirla quella societá che non ci appartiene, alimentata dalle parole di chi prima di noi ha cercato un’altra via (le citazioni nel film vanno da Tolstoj a Thoreau), accompagnano Chris tra le molte strade di un viaggio personale interiore ed esistenziale, alla ricerca della liberazione che porta alla felicitá piú vera.
Detto cosí in poche parole suona alquanto banale, ma non si tratta forse di ció che anche noi andiamo cercando?
Comunque, Chris scompare, fugge dalla propria famiglia e dalla propria identitá, viaggia e incontra compagni di viaggio, peró il suo é un viaggio personale e quindi immancabilmente il nostro eroe ritorna volontariamente a fare i conti con i propri sogni in solitudine.
É forse questo a portarlo sulla cattiva strada, la sua utopia portata all’eccesso é totalmente cieca di fronte ad ogni occasione che si presenta di stabilire relazioni umane.
Il sogno diventa un veleno per Chris e gli rivela quanto ingenuo sia il suo sforzo di inseguire un’idea a tutti i costi.
Apparte il modo in cui la storia é raccontata da Sean Penn regista sublime, apparte le musiche azzeccate e alcuni brani valenti di Eddie Vedder, apparte i fotogrammi e le scene di una natura meravigliosa e selvaggia, lo spirito di Into the Wild risiede soprattutto nella nostra mente di spettatori protagonisti.

Il film é tratto da una storia vera e da un romanzo di Jon Krakauer.
More info here http://en.wikipedia.org/wiki/Into_the_wild

Giada

domenica 9 settembre 2007

Il contrario di Uno

Per fortuna, capita che amici ti regalino o passino libri che erano sfuggiti alla tua onnivora attenzione per la carta stampata, regalandoti nuovi stimoli...e quel che è meglio, facendoti scoprire qualche scrittore italiano interessante ed originale. E' questo il caso di Erri de Luca, non lo avevo mai sentito nominare prima e non sapevo cosa aspettarmi dalla raccolta di scritti "Il contrario di Uno". Ci ho trovato un'esperienza umana declinata in tante maniere diverse, ma accomunata da un'acuta autoconsapevolezza, da una scrittura essenziale che però è capace di comunicare delicate sfumature. Ci si muove sull'onda di ricordi, di frammenti, e questo trovo sia già molto: abbandonare ogni pretesa di esaustavità per narrare solo lo stretto necessario, ciò che davvero conta. Ma il contenuto del libro lo lascio scoprire a voi, come pure l'interessante sguardo che l'autore è in grado di posare, disincantato eppure pieno di premura ed affetto, sul mondo e le persone. La cosa in assoluto più straordinaria è proprio il titolo, che davvero contiene in sé l'essenza di tutto il resto: e cioè che nei rapporti umani Due non è la somma di uno ed uno, ma il suo contrario. Al contatto con l'altro mutiamo radicalmente, reagiamo in una maniera ogni volta unica, e questa relazione può essere di immensa bellezza come l'esatto contrario. Ciò che è importante è riconoscere che l'incontro di due individui non si può ricondurre a una mera somma, è molto ma molto di più...

venerdì 10 agosto 2007

Ancora Burroughs, ed Hesse: tramonto della civiltà in diverse sfumature

Ho finito il Pasto Nudo di Burroughs e subito dopo mi sono tuffata sul Lupo della Steppa, già letto ma sempre interessante...però insomma, se volevo immergermi in una colata di depressione, non potevo scegliere abbinamento più azzeccato.
I deliri del tossico lasciano trasparire il degrado, la disumanità della modernità...ma tutto è profondamente carnale, le radici stanno nel fango primordiale, da cui emergono riti sanguinari, perversioni, nuove creature da incubo, e contemporaneamente ecco la tentacolare piovra del commercio, delle lobby, tutto frammisto in una confusione dalla quale non pare esserci via d'uscita - solo una maggiore consapevolezza, ed è per questo che il pasto, come il re, è nudo: questo non toglie nulla alla desolazione, ma se non altro emergono l'onestà ed il coraggio di guardare in faccia alla realtà da noi costruita.
Scrittura ed impostazione diametralmente opposta in Herman Hesse, com'è ovvio: uno stile limpido e cristallino che apre le porte allo stesso spaesamento, ma a un diverso approccio. Se infatti non si può dire che Burroughs rifiuti la decadenza moderna (pare anzi immergervisi con partecipazione, almeno per un po'), Harry Haller è nauseato dalla volgarità, dal facile divertimento, dalla superficialità della società in cui si trova a vivere, in cui si sente del tutto estraneo...eppure...eppure devo ancora ripercorrere le ultime pagine del libro e dunque lascio in sospeso anche voi.
Fatto sta che questi due libri mi hanno riempito la testa di pensieri, riflessioni, emozioni, e mi hanno fatto vedere certe cose sotto una luce diversa. E questo li colloca senz'altro nel novero delle opere che vale la pena di leggere...

giovedì 19 luglio 2007

Ah, la droga!

Avete presente quel buon William Burroughs? Sì insomma, quelli che taluni considerano il capostipite della beat generation...ecco, c'è stata un'epoca, nella mia vita, in cui leggevo i suoi alquanto folli libri durante le ore di scuola, ma li ho dimenticati, rimossi, troppo casino. Capita così, alcune cose ti rimangono impresse, altre (almeno per me) è come se non fossero mai avvenute...Fatto sta che mi sono recata in questa bella bancarella del libro, 4 libri a 6 euro (il Paradiso...) ed ho trovato alcuni titoli interessanti, fra cui appunto "la scimmia sulla schiena". Bene! Trattasi di un testo freddo e asciutto, dove il nostro anfitrione ci accompagna in un viaggio piuttosto sconclusionato, con ben pochi punti di riferimento a parte tutto quello che ruota attorno alla dipendenza.
E' incredibile la differenza fra questo libro ed altri classici moderni in questo ambito come, ad esempio "Alice e i giorni della droga", "I ragazzi dello zoo di Berlino" e "Trainspotting". Lì si trattava (soprattutto nei primi due casi) di ragazzini, qui di un adulto consapevole, che descrive con oggettività quello che gli accade. E non c'è chissà quale enfasi sulle sensazioni positive della droga, è semplicemente qualcosa che ti tiene occupato, un modo di vita...Per contro, le crisi frequenti e i guai con la legge non mancano, come anche i personaggi di questo universo parallelo...
Ora, una cosa senza dubbio interessante è che la droga sia legata, per Burroughs, al tedio di una vita borghese in cui non si ritrova. Ecco allora quell'altro mondo, mondo di contingenza ma anche meno falso nella sua brutalità. Ci si aspetta che quasi chiunque ti possa tradire, e non si finge si essere qualcosa di diverso da un essere che anela con le proprie cellule la sostanza capace di consentirgli di vivere - e morire allo stesso tempo, in un continuo processo di distruzione e creazione.
Ora mi sono comprata il "Pasto nudo", vediamo...

mercoledì 4 luglio 2007

Un inutile viaggio in Yucatan...

Bene, Yucatan di De Carlo è definitivamente concluso, e dopo averci pensato un po' su, penso di poterlo considerare un libro che non mi ha lasciato praticamente nulla. Forse il motivo è che di De Carlo ho già letto parecchi romanzi (per la precisione, questo sarebbe il sesto) e quindi conosco bene il suo stile ed i suoi temi. C'è poco da fare, per uno scrittore, seppure abile, è difficile rinnovarsi continuamente. E devo dire che la scrittura di questo autore mi piace, ma allo stesso tempo rimane piuttosto uguale a se stessa, con la conseguenza che questa volta non mi sono particolarmente dilettata. Certo, il tono ironico e distaccato, l'impietosità nelle descrizioni, persino il fatto che la storia non avesse una vera e propria conclusione, hanno reso piacevole la lettura. Ma al di là di questo...niente di nuovo, se non questa location più o meno esotica, per il resto i temi della modernità e dei suoi orrori, del fascino dell'occulto che non viene mai preso sul serio, sulla facilità delle suggestioni, erano tutti presenti in un'opera o nell'altra...magari anche posteriore, non lo nego, ma questo non fa che convalidare la mia tesi che il buon Andrea debba darsi una scossa ed uscire dalla strada che lui stesso ha tracciato...

lunedì 2 luglio 2007

Portnoy, Yucatan e Zorro...

Me ne rendo conto ora, mentre lo scrivo: ultimamente, nonostante gli esami, ho letto parecchio! Certo, in maniera meno famelica rispetto a quando davvero non ho nulla da fare, ma direi che non c'è male. E oltretutto, si tratta anche di libri che mi sono piaciuti - o mi piacciono, visto che Yucatan l'ho iniziato oggi e non sono neppure a metà, presto per fare un bilancio...
Ma andiamo con ordine. Il motivo per cui è nato questo blog è correlato proprio al Lamento di Portnoy di Philip Roth, uno scrittore che non conosco molto, ma che mi aveva a lungo affascinata prima che mi decisessi a comprare un suo lavoro. Perché questa correlazione? Ma semplicemente per il titolo, che evoca il lamento; e visto che io mi lamento sempre (ma almeno ho il merito di riconoscerlo e, nei momenti lucidi, di riderci anche sopra!) e che mentre tornavo a casa stavo appunto formulando lamentele, tutto fila. Ah, no, vi manca un passaggio fondamentale, ed ora ve lo fornirò.
Oggi ho condotto mia madre (anche lei una persona che si lamenta, e neanche poco!)all'aeroporto di Bologna, da dove sarebbe partita per Parigi. Dunque, partendo dal villaggio in cui viviamo, ci vuole teoricamente un'ora a compiere questo tragitto. Invece, magicamente, grazie al meraviglioso traffico che ci diletta ormai in ogni nostro spostamento, ci sono volute quasi due ore, e a momenti mia madre perdeva pure il volo. Ovviamente io, che ero al volante, avevo un diavolo per capello (e visto ciò che ho in testa, la cosa si fa preoccupante), e stasera, dovendo ancora guidare, questa volta da sola e con un'altra auto molto meno dignitosa, come al solito pensavo freneticamente. Guidare mi fa questo effetto, la mia mente si astrae, e se da un lato questo mi condurrà probabilmente ad una morte violenta, d'altro canto devo dire che molte belle cose possono passarmi per la testa nei miei spostamenti. Stavo dunque pensando: ecco, stasera arriverò a casa, e scriverò un post (per chi non lo sapesse ho anche un altro blog, che giace più o meno abbandonato a se stesso...) su quanto faccia schifo la viabilità in questo paese stolto; poi ho pensato che mi lamento sempre, porca troia (il che è dovuto anche alla contingenza di abitare qui, e di essere sottoposta allo stillicidio della politica e dell'idiozia imperante, immagino) e di conseguenza mi è venuto in mente quel bel libro appena concluso, il Lamento di Portnoy, ed ecco balenare questa idea propositiva, che voi già conoscete, ovvero un blog che sia un viaggio fra libri...Ecco, ora avete tutti gli elementi e sapete cosa mi spinge ora a scrivere. Il problema che si pone ora è che ho perso tipo due ore a spiegare come sia nato questo blog, ma mi è passata la voglia di esplorare i meandri delle opere che ho evocato. Che dire? Be' direi che dovrete prenderla così com'é...Fra l'altro oggi ho letto un breve racconto di Moccia che stava su un'agenda di cui non farò il nome, e se lui può scrivere tali emerite stronzate, ed essere pubblicato, ed essere pure osannato, io posso permettermi di fare quel cazzo che mi pare sul mio blog senza che nessuno se la prenda, voi che ne dite?
Hasta temprano...e ricordate, anche se non ho fatto parola alcuna di Zorro, lo consiglio senz'altro. La sua brevità non gli impedisce di contenere una buona dose di idee azzeccate, è ben scritto e il personaggio rimane nel cuore. Anche perché, chi non avrebbe voglia a volte di lasciarsi tutto alle spalle e guardare il mondo da un luogo leggermente spostato, con regole tutte sue? Con questo vi lascio...

stavo guidando la fiesta

stavo guidando la fiesta per le strade semideserte quando, spintonando fra le innumerevoli lamentele che affollavano la mia mente, si è profilata un'Idea. Una di quelle cose che solitamente mi lascio sfuggire, salvo poi rimpiangere di averlo fatto...ma oggi no, sono pervasa dalla voglia di recuperare il controllo su quello che mi avviene intorno, anzi controllo è senza dubbio la parola sbagliata: quello che realmente desidero è solo un minimo di senso d'orientamento. Perché negli ultimi giorni, presa dalla solita concatenazione di obblighi, impegni, stimoli, fluttuavo nell'indeterminatezza, senza un minimo di presa sul flusso delle cose...continuavo ad avere pensieri spostati rispetto a quello che stavo facendo, proiettati avanti e indietro e persino di lato, e fra le mille istanze che mi circondavano, non riuscivo a soffermarmi un attimo su me stessa. Capita a tutti, credo, in questa sorta di frenesia urlante di parole ed immagini, di perdere la cognizione di chi si è e di ciò che si vuole...
E così mi sono detta: basta, pur nel fiume incessante degli eventi, devi trovare lo spazio per riflettere, fermarti e respirare a fondo, assaporando e metabolizzando quello che provi durante la quotidianità.
Ma l'Idea è soltanto collegata a tutti questi pensieri. Chi mi conosce sa bene quanto grande sia il mio amore per la parola scritta, prodotta da altri o creata da me. E' qualcosa che mi ha attratta fin dalla più tenera infanzia, per ora si tratta della passione più duratura della mia vita...e non è poco. Il mio animo si duole quando non riesco a leggere, il mio cervello diventa opaco se non riesco a fissare i pensieri tramite le parole...E così mi sono detta che, dal momento che continuo a divorare pagine su pagine, rimanendo colpita ed influenzata profondamente da ciò che leggo; e dal momento, inoltre, che non posso tediare tutti verbalmente con i miei viaggi mentali su libri di cui magari non interessa loro nulla, ecco...ecco, avrei potuto affidare le mie elucubrazioni letterarie all'anonimato del web. Magari non mi legge nessuno, e anche se fosse? la possibilità, seppur remota, esiste. E se soltanto una persona potesse essere colpita da questo piccolo esperimento, avrei già ottenuto più di quello che speravo, quando guidavo soprappensiero la mia scalcagnata automobile nell'ultima luce della giornata...