domenica 20 gennaio 2008

I'M NOT THERE - Todd Haynes

Inizio con l’affermare il mio proposito dell’anno, ovvero storia di una rivelazione potenzialmente pericolosa. Tra le tante cose che mi sono proposta di fare o di non fare in questo anno nuovo, includendo pensare piú seriamente al mio presente-futuro. ricominciare a prendere la pillola e andare per la prima volta in Olanda, spunta un proposito creativo e liberatorio.
É giunta l’ora di gettare i veli di mistero e ipocrisia e iniziare a scrivere parole piú sincere, e piú spontanee: basta con trafiletti ipercriptici e ultra-pensati, enigmi che richiedono troppo tempo e finiscono per spegnere la voce prima ancora di aver gridato. Che il signore ci spedisca torrenti di parole via posta prioritaria e che questi possano scorrere liberi per le strade virtuali della rete.

Detto ció, vi lascio alla recensione del piú che meritevole I’m not there sicura che, alla luce dei nuovi propositi, sia meglio lasciarla scorrere libera e felice piuttosto che continuare a tenerla in formato .doc nella privacy del mio laptop.

Chi non conosce Bob Dylan? Le prime associazioni libere che saltano alla mente: folk americano, ribelle politico, canzoni sociali, Joan Baez, chitarra elettrica, poeta , cantautore, gli anni 60.
Questa é l’idea che ho sempre avuto e che sono certa le generazioni dagli anni 80 in poi hanno maturato, tutti nella certezza di conoscere il personaggio, ma nella reale non conoscenza della persona, dell’uomo nascosto dietro i sipari della notorietá.
Questo film, diretto da Todd Haynes (Velvet Goldmine, Lontano dal paradiso), é una biografia esemplare, un atto poetico di profonda bellezza, che va al di lá del Bob Dylan-icona congelata nel tempo, e ci restituisce un ritratto piú sincero e sconcertante, decisamente piú intrigante del Dylan patinato da copertina e da 70 euro a concerto (sickening!).
Nella dedica iniziale lo stesso Haynes apre le danze definendolo un film “ispirato dalla musica e dalle molteplici vite di Bob Dylan”.
É questo l’unico momento in tutta la durata del film in cui il nome del cantautore viene menzionato.
Il personaggio é inoltre messo in scena da 6 attori differenti: un adolescente di colore, un poeta maledetto, un marito infedele attore di b-movies, un divo pubblico, un anziano Billy the Kid e una donna. Un concetto particolare: d’altronde si tratta del racconto della lunga ed intensamente vissuta vita di un outsider, una persona decisamente fuori dal comune. Ma non siamo anche noi “persone comuni” uno, nessuno e soprattutto centomila?
Cate Blanchette é la perla recitativa dell’intera pellicola, una vera professionista che essuda sensualitá, carisma e veracitá in un’interpretazione a dir poco ammirevole.
Le sequenze della vita di Dylan, vengono trasposte in maniera assolutamente non-lineare e anti-cronologica, che sicuramente é costata al film una serie di critiche negative e di spettatori confusi e insoddisfatti. Altri invece, catturati dalla narrazione impulsiva hanno goduto dell’assenza di causa-effetto per dilungarsi e riflettere (per non dire sognare) su alcune delle perle filosofiche che si incontrano sul cammino.
Per rivelarne solo un paio, la citazione da una canzone di Nico (vedi Velvet Underground) Please don’t confront me with my failures, I’ve not forgotten them e le sette regole da manuale per “vivere la vita passando inosservati”: never create anything, it’ll be misinterpreted, it’ll chain you down and it’ll follow you for the rest of your life. Mica poco…..
La visione lascia una traccia vibrante di curiositá, una voglia pungente di saperne di piú, di interpretare il simbolismo delle scelte del regista e di quelle immagini sature di riferimenti e dialoghi meta-testuali.

Alla fine della pellicola un applauso é sorto spontaneo e si é lanciato come un’onda verso i titoli di coda del megaschermo.


Per vedere il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=CZGseissqX8