mercoledì 28 novembre 2007

L'assassino & i giorni contati

Premettiamo che di critica cinematografica ne so ben poco. Mi perdoneranno quindi le persone più competenti, ma il cinema come la letteratura esiste anche per trasmettere idee, ed è per questo che me ne occupo qui.
A questo proposito, mi sembra che i film che si occupano di qui ed ora - quotidianità, arrivare da mattina a sera, affrontare avversità, in una commistione di attimi dolci ed amari, proprio come dolce ed amara è la vita - siano diventati sempre meno. Spesso si parla di sentimenti ( e ancor più spesso lo si fa in maniera superficiale o escludendo tutti gli altri orizzonti dei personaggi, che sembrano così condurre vita da sfaccendate anime in pena) oppure si sfocia nell'eccezionalità: di una vita, di un momento storico, di un episodio. Non sto dicendo che questi non siano validi ambiti di esplorazione cinematografica, anche se in alcuni casi sarebbe stato meglio risparmiarsi lo sforzo; semplicemente, sento la mancanza di quel realismo anni '60 e '70 che per fortuna mi posso gustare grazie a DVD oppure a rassegne cinematografiche.
Ed eccoci all'oggetto di questo post, ovvero i due primi film di Elio Petri. Film italiani di cui essere orgogliosi, una volta tanto. Bella l'idea, ottimi gli attori, realistici i dialoghi, azzeccate le inquadrature. In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad un personaggio principale la cui vita cambia improvvisamente. Ma se nell'Assassino si esplorano i quotidiani compromessi, le omissioni, l'ordinaria corruzione di un borghese pavido, nei Giorni Contati è il senso stesso della vita ad essere messo in discussione. Mi soffermerò maggiormente su quest'ultimo film, visto che ho avuto il piacere di gustarlo ieri sera.
Cesare, uno stagnino di mezza età, sta recandosi come ogni giorno a lavoro, quando sull'autobus un uomo della sua età muore d'infarto. Un banale incidente? No, l'inizio di una spirale di dubbi. Com'è possibile continuare a lavorare quando ci si rende conto di avere, potenzialmente, i giorni contati? Questa nuova consapevolezza porta il protagonista a cercare di godersi la vita come può, in compagnia di alcuni fidati amici che cercano di comprenderne lo strano stato d'animo. Eppure, dov'è il sollievo? Non nel fantasma di un antico amore, che sembra tornare solo per sfuggire nuovamente. Non nell'episodico incontro di persone nuove, né nell'ozio, né nell'alcol, né tantomeno nella fallimentare esperienza dell'amore a pagamento. Nel frattempo, i soldi vanno scemando, gli sguardi nei suoi confronti si fanno sospettosi: per quanto ancora durerà quella follia? Nessuno ha intenzione di mantenere uno sfaccendato, e Cesare stesso si rende conto che, qualsiasi cosa andasse cercando, è forse troppo tardi per ritrovarla. Tanto vale tornare a lavorare...e rendersi conto una volta per tutte, che i giorni erano davvero contati...
Terribili le scene della città, periferie di oscena bruttezza, confusione destrutturata, eppure neppure la campagna è idealizzata, spopolata e triste e senza più anima. Lo smarrimento della modernità non è certo iniziato ieri, le radici vanno oltre, e già negli anni '60, a ben guardare, l'assurdità della frenesia contemporanea era pienamente percepibile. E da allora, cosa abbiamo creato, quale illusione riesce a farci muovere pur nella consapevolezza di avere i giorni contati?

2 commenti:

G I A D A ha detto...

sarà l'illusione del benessere? Penso che l'energia che ci spinge a lavorare e a "sistemarci" è un'energia atavica di sopravvivenza e supremazia sugli altri...no?
Cioè, potremmo lasciar tutto, prendere un volo a un centesimo più tasse e andare a vivere su una bella spiaggetta dei Caraibi...e allora perchè non lo facciamo?. Tanti motivi, tra i maggiori: 1.è un rischio e all'uomo piace il gioco sicuro 2.sulla spiaggetta ci sono già altre persone, saranno contente di vederci arrivare, parassiti senza casa e con pretese di trasformare il luogo nel nostro paradiso personale? 3.siamo ancora molto simili alle scimmie e imitiamo il comportamento dei nostri simili attorno a noi=lavoro-casa-assicurazione 4.l'influenza di famiglia-società-media non è trascurabile....devo continuare?

Però se mentre cerchiamo di costruire qualcosa manteniamo una certa linea etico-morale le cose possono anche darci una certa soddisfazione. Non credi?

Bello il film cmq, I giorni contati intendo, sembra interessante;)

Streghetta ha detto...

Sì, concordo sulla tua analisi, soprattutto sul fatto che si possa comunque cercare di mantenere una certa linea etico-morale per salvarsi da certi meccanismi...
Alla fine, il lavoro non è necessariamente negativo, come non credo lo sia inserirsi nella società. Perché la società cos'è se non la somma di individui, molti dei quali meritevoli di essere conosciuti? Insomma, bisogna cercare di non fossilizzarsi nei dati di fatto, scoprire la propria vita nelle sfumature e non nel bianco/nero...Poi sto giungendo anche alla conclusione che la "fuga" o la ribellione fine a se stessa non siano una soluzione. Come sembra volerci dimostrare il nostro buon Sean Penn, no? Da notare che dopo tutto sto tempo, qua da noi non è ancora uscito...aaaargh!